"Trasfigurare, deformare, allucinare, mitizzare: é

indispensabile dal momento in cui sappiamo di che si tratta."

Giancarlo Dotto


Chi siete? Non vi riconosco più. Cosa vi hanno fatto? Niente e nessuno più vi protegge? Siete usciti dalle gabbie, più grassi e più fragili, ma non siete mai usciti.

Scappate da chi vi somiglia. Diffidate della vostra ombra. Deformati dalla paura, respirate la vostra paura. Dentro e fuori le vostre maschere. Animali tristi.

Lucertole dalla coda mozzata. Polli decapitati. Pecore senza più il maschio. Fate assurde piroette pur di schivare il vostro fantasma. Allergici al sudore della donna

amata. Silhouette dementi. Cenci imbiancati di clausura. Chiusi per fallimento. Commoventi per quanto spaventati. Irritanti per quanto spaventati. Sembrate

storpi che hanno perso l’ultimo treno per Lourdes. Sagome allucinate che sanno guardare solo la punta delle proprie scarpe. Legnosi come burattini senza padrone.

Goffi come lebbrosi in smoking alla festa dove nessuno vi ha invitato. Di ballare non se ne parla. Il più sano ha la rogna. Balbuzienti nel gesto, ancora prima che

nella parola. Infetti nella mente. Imbecilli senza padre. E senza patria. Dalle vostre carcasse tremebonde solo tic epilettici. Vi scansate. Vi negate. Spaventate i vostri

cani oltre che i passeri. I vostri gatti non vi riconoscono più. Fiutano il cattivo odore dei vostri passi incerti. Cercate distanze e trovate solo la folla dei vostri

insani pensieri. I battiti amplificati del vostro batticuore. E della vostra vergogna. Di sentirvi così inermi. Non sapete se abbracciarvi o detestarvi. Pasticcioni e

monchi. Avete covato cose più grandi di voi. Incapaci d’intendere e di volere, avete smarrito la bussola e dimenticato l’alfabeto. Inciampate sui vostri simili.

Non sapete se darvi la mano o il braccio, i pugni o i talloni. Siete usciti dalle gabbie della mestizia e siete finiti nelle cantine dello spavento. Lo stesso pigiama.

Lo stesso nodo in gola. Tornati bambini, dentro grandi mutande ed enormi paure. Mi fate paura. Non avete scelta, lasciatevi amare. O, meglio morire.

Giancarlo Dotto

Selected work

Aveva così tante rughe che ogni volta mi stancavo di contarle. E allora ho cominciato a fotografarle. Lo scugnizzo mitologico, metà pugile e metà editore, aveva messo su a sua insaputa 84 anni e se ne fregava di dover morire, anche se considerava l’eventualità della sua fine qualcosa a metà tra una stranezza stupefacente e una rottura di coglioni. Negli ultimi mesi si preparava a lasciarci...
https://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/libri-tanti-cazzotti-pochi-ndash-dotto-gloria-tullio-pironti-283096.htm

Bravi (e zelanti) cristiani sparsi nel pianeta mi avvisano che sono vent’anni e dunque, lavativo che non sei altro, diamoci da fare, che aspetti a scodellare, schiocche a schiocche, le cerase rosse del “Era l’omaggio” anche se è marzo, su coraggio sotto con l’oltraggio, che l’aria è fresca e tutto odora di rose marce. O erano mimose? Le ceneri del mio amico Carmelo, beate loro, non hanno bisogno di ricorrenze per ballare il cha-cha nell’urna che da Otranto lo ha restituito, il bambinaccio, alla stratosfera, dove sono ammessi solo gli addetti ai capolavori...
https://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/rsquo-bene-male-20-anni-scomparsa-carmelo-303725.htm

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